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The Final Countdown. Perché il futuro è già passato (e non tornerà più).

The Final Countdown. Perché il futuro è già passato (e non tornerà più).

Da qualche tempo, in un grattacielo della centralissima Union Square di New York campeggia un
gigantesco timer impegnato in un conto alla rovescia. Mentre sto scrivendo quest’articolo, segna
approssimativamente 7 anni, 86 giorni, 18 ore e rotti. Sta forse contando il tempo che ci separa dal lancio
sul mercato di un nuovo modello di Iphone? Segnala l’imminente uscita di un film? Niente di tutto
questo. Si tratta del tempo che ci rimane prima che la catastrofe climatica dovuta al surriscaldamento
climatico divenga ineluttabile.
Opera degli artisti Gan Golan e Andrew Boyd coadiuvati da alcuni attivisti e scienziati, l’orologio segna
il tempo stimato entro cui – agli attuali tassi di emissioni di anidride carbonica – sarà ancora possibile
mantenere il riscaldamento globale entro 1,5° rispetto ai livelli preindustriali, la quota che la maggior
parte degli esperti considera il punto di non ritorno. La stima è stata realizzata sulla base degli studi del
Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change (MCC)[2] basati su dati raccolti
dal recente Report sul Global Warming dell’IPCC, il Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento
climatico delle Nazioni Unite[3].

 


L’immagine del conto alla rovescia su uno schermo gigantesco piazzato nel centro della capitale
economica del mondo è molto scenografica, tuttavia rischia di risolversi in poco più di una boutade se non
si intraprendono scelte drastiche che, al momento, i governi degli stati industrializzati non sembrano
intenzionati a prendere. Il punto di non ritorno è dietro l’angolo. Cosa ci attende oltre? Nulla di buono.
Cos’è il Global Warming.
Con “riscaldamento globale” si intende il cambiamento del clima terrestre iniziato nel XIX secolo a causa
dell’industrializzazione e della relativa emissione di gas serra da parte di alcuni stati. Le variazioni
climatiche ci sono sempre state nella storia della terra, tanto nell’arco di ere geologiche quanto più di
recente con la Piccola Era Glaciale fra Trecento e Settecento. Ma ora è diverso.
Facciamo un passo indietro.
Gli studi sul Global Warming non sono iniziati ieri: già nel 1824 Joseph Fourier dimostrò che senza
un’atmosfera la temperatura del pianeta sarebbe stata più bassa, mentre nel 1859 John Tyndall scoprì che
alcuni gas trattenevano il calore del sole nell’atmosfera, alterando il clima. Nel 1896 lo scienziato svedese
Svante Arrhenius mise in correlazione anidride carbonica e temperatura, calcolando che un raddoppio di
CO2 nell’atmosfera avrebbe causato un riscaldamento del pianeta di 3 gradi.[4] Nonostante ciò il dibattito
rimase limitato agli ambienti accademici e l’opinione pubblica non iniziò a parlarne prima degli anni
sessanta. La prima conferenza mondiale sul clima, organizzata da OMM, UNEP, FAO, UNESCO e OMS,
fu organizzata nel 1979 mentre nel 1988 lo studioso James Hansen, dopo aver studiato i modelli climatici
del NASA Goddard Institute, avvertì il Senato statunitense del cataclisma in corso. Si giunse così al
famoso Protocollo di Kyoto del 1997 che impegnava i paesi industrializzati a ridurre nel periodo 2008-
2012 le emissioni di gas serra di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990.[5] Come è andata? Non molto
bene.


Kyoto e i suoi fratelli. La mancata adesione al trattato da parte degli USA, maggiori responsabili delle
emissioni, è stata sufficiente da sola a far fallire l’accordo. Inoltre alcuni paesi firmatari hanno avuto
difficoltà a mantenere gli impegni presi, addirittura Spagna e Italia hanno aumentato le emissioni rispetto
al 1990. Le conseguenze sono facili da immaginare: nel 2019 un rapporto del Potsdam Institute ha
annunciato che la concentrazione di particelle CO2 in atmosfera ha raggiunto quota 412 per milione, la
più alta negli ultimi tre milioni di anni.[6] Secondo il quarto rapporto del Gruppo intergovernativo sul
cambiamento climatico (IPCC) del 2007, nel XX secolo la temperatura media della superficie terrestre è
aumentata tra 0,2° e 0,7°C, in modo più accentuato nell’emisfero boreale. Nonostante le innumerevoli
conferenze organizzate in seguito, prima fra tutti il COP21 di Parigi, la situazione è ormai compromessa e
le ricerche evidenziano l’estrema improbabilità di contenere il riscaldamento entro i 2° nel 2100 rispetto
ai livelli preindustriali.
Quindi? Che succede se la terra si riscalda? Quello che ci aspetta è un cambiamento definitivo del
clima terrestre con conseguenze drastiche sulla geografia di vasti territori e sull’economia di gran parte
del pianeta. Sebbene le previsioni da parte dei numerosi istituti di ricerca differiscano in certa misura sulle

cifre, la situazione generale appare relativamente chiara.
Nei prossimi decenni, grazie al surriscaldamento assisteremo a:
1. Uno scioglimento progressivo dei ghiacciai artici e antartici con conseguente innalzamento del
livello dei mari (attualmente circa 3 millimetri all’anno). Le conseguenze di questo fenomeno,
peraltro in accelerazione, vanno dal pericolo per le città costiere, al rischio di estinzione per specie
animali come gli orsi polari fino all’alterazione della salinità degli oceani che porterebbe a un
ulteriore cambiamento climatico.
2. Fenomeni meteorologici estremi come tornado e uragani. Variazione delle precipitazioni piovose e
nevose: nelle zone temperate pioverà sempre meno ma con più intensità, con conseguenti
alluvioni.
3. Desertificazione progressiva di vasti territori caratterizzati da un clima già secco: è il caso del
Sahel in Africa, zona al confine con il Sahara, e conseguente impossibilità di coltivare la terra.
4. Carenza di acqua potabile in ampie zone del pianeta.
5. La desertificazione porterà all’impossibilità di coltivare la terra in molte aree. Questo porterà a
migrazioni massicce con conseguenti squilibri socio-economici
6. Estinzione di un enorme numero di specie animali per via del clima impazzito e
dell’antropizzazione, tanto che si parla di una “sesta estinzione di massa”.

E in Italia? Noi siamo al sicuro, no? Ovviamente no. Il nostro paese è estremamente vulnerabile al
dissesto idro-geologico causato da uno sviluppo edilizio a dir poco irresponsabile. Inoltre il Global
Warming metterà a rischio alcuni prodotti eno-gastronomici di eccellenza come vino e olio. Il report del
CMCC-Centro Euromediterraneo sui Cambiamenti Climatici metter in guardia il nostro paese da un
possibile innalzamento fra i 2° e i 5° con conseguente calo dell’8% del PIL e danni per miliardi di Euro.
[8] Siamo alle porte di un cambiamento epocale le cui conseguenze sono difficili da prevedere nel
dettaglio ma che, come portata, non potranno essere contenute in un singolo articolo giornalistico, né in
un libro. E nemmeno in una biblioteca.
Chi, però, nutre la passione per la fantascienza apocalittica, può consolarsi: tra qualche anno non dovrà
pagare il biglietto del cinema per assistere a un’avvincente storia catastrofica.

Raffaele Terzoni

 

NOTE:
[1] https://climateclock.world/
[2] https://www.mcc-berlin.net/en/research/co2-budget.html
[3] https://www.ipcc.ch/sr15/
[4] https://www.lenntech.it/effetto-serra/storia-riscaldamento-globale.htm

[5] https://www.isprambiente.gov.it/it/servizi/registro-italiano-emission-trading/contesto/protocollo-di-
kyoto#

[7] https://www.pik-potsdam.de/en/news/latest-news/more-co2-than-ever-before-in-3-million-years-
shows-unprecedented-computer-simulation

[8] https://www.cmcc.it/it/analisi-del-rischio-i-cambiamenti-climatici-in-italia