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Conflitto tra Armenia e Azerbaigian: le ragioni dello scontro e le conseguenze per l’Italia

Conflitto tra Armenia e Azerbaigian: le ragioni dello scontro e le conseguenze per l’Italia

Storia ed economia si intrecciano nel conflitto tra Armenia e Azerbaigian. Tra queste l’Italia, costretta in una scomoda posizione. Nel frattempo, scendono in campo la Russia e la Turchia.

I nuovi scontri in corso tra Armenia e Azerbaigian nel territorio di Nagorno-Karabakh affondano le radici in un conflitto pluridecennale. La rivalità storica tra il popolo armeno e il popolo azero nel territorio del Caucaso ha le proprie origini nel periodo immediatamente successivo la Prima Guerra Mondiale. Per individuare però i movimenti che hanno condotto al moderno conflitto tra le due nazioni, si deve giungere negli anni a cavallo del crollo dell’URSS.

 

Le motivazioni del conflitto risiedono nella mancata decisione nel 1991 da parte del Soviet di Nagorno-Karabakh di seguire l’Azerbaigian nell’uscita dall’Urss e nella creazione di un unico stato nazionale. La regione votò infatti per la propria indipendenza dalla Azerbaijan. La proclamazione della Repubblica di Nagorno Karabakh-Artsakh il 6 gennaio 1992 conduce l’Azerbaigian a scegliere la via del conflitto, dando inizio ai primi bombardamenti nella regione. Lo scontro durerà per due anni fino al 1994, quando la Repubblica di Nagorno-Karabakh verrà riconosciuta dalla comunità internazionale. Decisione mai condivisa da parte dello Stato azero.

Un conflitto dunque mai completamente spento, con la militarizzazione permanente delle zone di confine. È su queste aree che negli ultimi vent’anni si sono verificati episodi di cecchinaggio e tentativi di incursione che hanno continuato ad esacerbare l’ostilità. La ripresa delle ostilità verificatasi a partire dal 27 settembre rappresenta l’ultima escalation di un conflitto con importanti conseguenze sulla tenuta della regione del Caucaso meridionale e sugli equilibri dell’area mediterranea.

Nonostante l’invito da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU di “Fermare immediatamente i combattimenti”, non sembra essere all’orizzonte l’ipotesi di un negoziato.

Nello scacchiere sono infatti entrate in ballo anche la Russia e la Turchia.

 

La Russia ha immediatamente espresso la propria vicinanza a Erevan, cercando di porsi come mediatore del conflitto. Ipotesi negata al momento da parte del primo ministro armeno Nikol Pachinian, attraverso le dichiarazioni rilasciate ai media russi. Come riferito dall’agenzia Interfax, Pachinian avrebbe sottolineato che “Non è appropriato parlare di un summit Armenia-Azerbaijan-Russia mentre sono in corso scontri”.

Il governo turco si è schierato al fianco dell’Azerbaigian inviando, secondo AsiaNews, circa 4000 uomini identificati come mercenari siriani dell’Isis provenienti da Afrin.

Se la notizia venisse confermata, si tratterebbe del chiaro intento da parte della Turchia di alimentare un conflitto tra cristiani e musulmani.

 

Per l’Italia si tratta di una situazione a rischio.

La zona di Nagorno-Karabakh rappresenta infatti uno di più importanti corridoi di passaggio dell’energia verso l’Europa e l’Italia. La condizione di non autonomia energetica dell’Italia impone neutralità nei confronti delle due nazioni in conflitto. Come sottolinea l’ambasciatore azero in Italia, Mammad Ahmadzada, il nostro paese ha interessi vitali in Azerbaigian per la propria economia.

Altrettanto importanti sono le connessioni con l’Armenia. A partire dal genocidio armeno del 1915 si è venuta a costituire un Italia una grande comunità armena che ha intrecciato la propria cultura con quella italiana. Un importante patrimonio storico e culturale in comune, ma anche forti interessi di carattere economico.

Sono infatti circa 200 le imprese in Armenia con partecipazione a capitale italiano in particolare nei settori del tessile e dell’energia.

Attualmente l’Italia si è associata all’appello dell’ONU per porre fine agli scontri, evitando quindi una presa di posizione netta. Se ciò non dovesse accadere, il nostro Paese sarà costretto ad intervenire a sostegno di una delle due nazioni, rischiando così la crisi diplomatica con la controparte.

L’ipotesi più probabile è rappresentata dall’intervento a favore dell’Azerbaigian, al fine di evitare il rischio di un blocco delle forniture energetiche.

Una frattura nei rapporti con l’Armenia, ma anche con la Russia, impegnata a sostegno di Erevan tramite l’accordo difensivo tra i due paesi.

Una posizione scomoda per l’Italia, che dovrà tenere alta l’attenzione sulle sorti del conflitto armeno-azero.

Chiara de Livio